martedì 8 novembre 2011

Riflettendo sulle proprie ossessioni

Oggi è stata una di quelle giornate in cui il computer era, ancora più del solito, uno strumento indispensabile per il collegamento con il mondo al di fuori.
Una di quelle giornate in cui continui a cliccare il tasto F5 sui giornali che segui sperando che la dignità di un Paese allo sfascio o le borse oscillanti o gli scioperi facciano di più di un Sarkozy o di una Merkel sghignazzanti. 
Era un po' di speranza frammista a illusione.

Qualche tempo fa riflettevo sul valore delle parole: complice una Professoressa / Enciclopedia mi sono interrogata spesso sulla storia e sul valore semantico dei termini che usavo, arrivando a fare discussioni del tutto assurde con l'Uomo Straordinario spesso solo per compiacere un narcisistico amore per il virtuosismo dialettico. La mania delle parole mi è rimasta, e da lì ho imparato che non si può mai scegliere un termine a caso, che ogni singola voce del dizionario che noi usiamo nasconde molti più significati di quanti non ammettiamo o non comprendiamo all'istante. Ogni parola ha quella complessità e quella stessa ricchezza che si trova nelle parole latine: lo stesso fascino linguistico che ha lo scorrere tutte le sfumature del verbo fero fers, tuli, latum, ferre.

è l'amore per la lingua che mi porta ad analizzare gli articoli di giornali in modo quasi maniacale, arrivando a detestare Scalfari perché negli ultimi articoli a fronte di una ricchezza lessicale straordinaria mancano sempre di più i contenuti, oppure a non poter leggere un Baricco qualsiasi dove le parole sono usate per creare un lezioso virtuosismo estetico o che mi hanno spinta a non comprare più giornali in cui si sono riscontrati errori ortografici (Gravissimo, e mi sono pure presa della talebana).
è proprio l'ossessione per le parole che mi ha creato, oggi, una sensazione di ancora maggior sgomento leggendo i titoli dei giornali che affermavano che lui non si dimetterà perché vuole guardare in faccia chi lo tradirà.
chi lo tradirà
è importante perché non ha detto "voglio vedere chi tradirà i nostri principi/idee/azioni o piani di governo" sulla cui esistenza poi si può anche, giustamente, sindacare; no, ha detto chi mi tradirà. Chi tradirà me, non le mie idee, me. Con una concezione della res publica straordinariamente individualistica. So che non ci voleva né una frase ad effetto in una giornata convulsa né tanto meno un genio per capire una cosa che è sotto gli occhi di tutti da anni, però questa credo che sia veramente la dimostrazione più lampante di una concezione distorta del potere: ancora di più dei vari bunga bunga e delle autocelebrazioni con finto vulcano e cimitero etrusco, ancora di più dei complotti della magistratura o della sinistra comunista (ahaha). é lo stesso senso di sconforto e di abbandono, di distruzione e di morte di uno Stato, che ho avuto con la compravendita di Parlamentari, nel vedersi sbeffeggiati in mondo visione, nel leggere i giornali americani o inglesi o spagnoli e vergognarsi di essere rappresentati da lui.

Quella frase dal vago sapore biblico che sottintende che al di fuori di lui non può esserci altro, con buona pace dei ciellini formigoniani e di tutti quelli che hanno ancora delle grandi fette di guadagno da spartirsi. 
Le parole e i termini linguistici vanno accuratamente scelti e assimilati
E allora anche domani sarà una giornata come oggi, sperando in un mondo migliore, pensando a un futuro diverso e soprattutto sognando una concezione del potere come servizio al cittadino; non più una proprietà privata e vagamente divina ma una vera e propria cosa pubblica.

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